Prosecco al glifosato, Veneto e Fvg intervengano (Legambiente): “Virare urgentemente verso la sostenibilità delle coltivazioni e l’agroecologia per non mettere a rischio la salute di cittadini”

Sul ‘caso-glifosato’, Legambiente Friuli Venezia Giulia e Veneto replicano alle dichiarazioni del presidente di Coldiretti Pordenone, “che antepongono il profitto e l’interesse particolare alla salute delle persone e dell’ambiente, chiedendo pubblicamente alle Regioni Veneto e Fvg e alla Doc del Prosecco una sospensione immediata dell’uso del pesticida come misura cautelativa per la salute pubblica. Il nostro Paese, infatti, è uno dei maggiori utilizzatori del glifosato, che è stato ampiamente rintracciato dall’Ispra e dalle Arpa regionali nei corpi idrici ma non viene adeguatamente ricercato nelle altri matrici ambientali e soprattutto in quelle alimentari. Eppure, il Piano Agricolo Nazionale per l’uso sostenibile dei fitofarmaci include ancora oggi il glifosato e quindi tutti i Piani regionali per lo Sviluppo Rurale, che finanziano nella misura 10 l’agricoltura integrata e conservativa, paradossalmente ne premieranno l’uso”.

Pertanto è alle Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia e al Consorzio del Prosecco che Legambiente preferisce rivolgersi, “per chiedere la rimozione definitiva del glifosato da tutti i disciplinari di produzione delle Denominazioni di Origine Controllata che ne contemplano l’impiego e di trovare il modo di escludere da qualsiasi premio le aziende che ne facciano uso, evitando così di premiare e promuovere l’uso di prodotto possibile cancerogeno”.

“Serve coraggio e chiarezza – prosegue Legambiente – da parte delle Istituzioni e da parte delle Denominazioni, che dovrebbero intervenire a tutela degli interessi collettivi, a maggior ragione quando quelli particolari minacciano gli interessi dell’agricoltura, dell’economia locale, dell’ambiente e della salute dei cittadini. Bisogna eliminare da subito l’utilizzo del glifosate, molecola la cui pericolosità è ampiamente dimostrata, senza attendere la scadenza della commissione europea del 2022. A rischio gli interessi dell’agricoltura di qualità e la salute di cittadini oltre che un crollo dell’immagine dei prodotti nostrani”.

“Infatti l’International Agency for Research on Cancer (IARC), autorevole agenzia dell’OMS per la ricerca sul cancro, indica il glifosato come ‘probabile cancerogeno’ anche per l’uomo, confermando così le molte perplessità sui potenziali rischi di un diserbante invasivo e non selettivo. L’evidenza dei danni che l’esposizione diretta e indiretta al pesticida induce sull’uomo e sull’ambiente è oggi sostenuta da una ricca produzione scientifica. Rilevante, a tal proposito, è lo studio pubblicato su ‘The Lancet Oncology’ che, dopo tre anni di ricerche coordinate da 17 esperti in 11 Paesi, ha rivelato una forte correlazione epidemiologica tra l’esposizione al glifosato e il linfoma non-Hodgkin. In aggiunta ai già noti aumenti di ricorrenza di leucemie infantili e malattie neurodegenerative, in primis il Parkinson. Per quanto riguarda l’ambiente, invece, oltre al già conclamato effetto di accelerazione del fenomeno di erosione del suolo, ricercatori indipendenti stanno pubblicando studi che dimostrano l’impatto del glifosato su funzioni chiave della rizosfera, tra cui la riduzione dell’assorbimento dei nutrienti da parte delle colture, una minore fissazione dell’azoto e una maggiore vulnerabilità ad altre malattie, il che si può tradurre in un calo della produttività agricola”, prosegue la nota di Legambiente.

“La scienza e la ricerca ci stanno in altre parole dicendo che proseguire con un uso invasivo e incosciente è mancare di rispetto al naturale equilibrio tra agricoltura e ambiente naturale che porta inevitabilmente a conseguenze negative per la società, per l’economia, per l’ambiente e per la salute. Servono suoli sani per prodotti salubri e di qualità e l’uscita dalla chimica con una conversione del modello di agricoltura verso il biologico e l’agroecologia è per Legambiente la sola combinazione di soluzioni che può aiutarci a sviluppare una sana economia agricola che abbia a cura gli interessi generali. Le Regioni e il Consorzio Doc – conclude Legambiente – battano un colpo e dicano se preferiscono procedere con la difesa degli interessi particolare che mettono a rischio la qualità ambientale delle produzioni, l’immagine e la credibilità dei prodotti dell’intera denominazione protetta”.